Vi presento il Circolo di Aspasia

28.05.2022

Da tempo avevo la curiosità di conoscerle e finalmente l'occasione è arrivata. In questo blog vi presento le ragazze che hanno fondato il Circolo di Aspasia, giovani donne con le quali abbiamo dialogato sui temi dell'inclusione e della parità, non solo di genere. E' stato per me interessante sentire il loro punto di vista su questi temi, vedere come una generazione così diversa e ormai lontana dalla mia (aihmé ;) - che sta venendo avanti ed è già il futuro che verrà - vive, sente e tramanda la cultura nella quale è inserita e che sta contribuendo a far evolvere.

E siccome - come ha detto una di loro - la base è mettersi all'ascolto, ho parlato poco, ho chiesto molto e ho preso molti appunti.

Li ho poi riletti e rielaborato i pensieri che vi porto di seguito, certa che queste ragazze hanno qualcosa di interessante da dire anche a voi...

D: Buongiorno ragazze, innanzitutto vi chiederei di dirci cos'è il Circolo di Aspasia

R: Il Circolo di Aspasia nasce nel 2020 in piena pandemia e si sviluppa dapprima attraverso incontri online. Siamo un gruppo di ragazze trentine tra i 22 ed i 25 anni che vogliono creare uno spazio di aggregazione femminista, inclusivo e intersezionale.

Ci siamo ispirate ad Aspasia, che fu una donna sovversiva e indipendente dell'antica Grecia

Il nostro ambito di intervento è territoriale, vogliamo stimolare in Trentino discussioni e confronti sulle tematiche di genere, ma anche fare rete, parlare di sostenibilità ed inclusione.

D: Quindi giovani donne alle prese con la lotta per diritti e libertà fondamentali che ancora oggi non sembrano poi così realmente acquisiti. Avete parlato però di femminismo "intersezionale", potete spiegarci di cosa si tratta?

R: Si tratta di un particolare tipo di femminismo che si è sviluppato di recente e che non prende in considerazione solo le questioni di genere, bensì tenta di contrastare tutte le discriminazioni, prendendo le difese delle minoranze discriminate, o cosiddette "razzializzate", fino ad occuparsi delle questioni climatiche: la terra è, per estensione - infatti - un soggetto in qualche modo oppresso e che quindi va difeso e tutelato come le persone.

D: Molto interessante. Parlando di disequilibrio di genere, cosa vedete dal vostro osservatorio di giovani studentesse e studenti? Vi sembra di notare della distanza tra le generazioni?

R: Se guardiamo al mondo universitario, ad esempio, molt@ di noi - femmine e maschi - notiamo come la maggior parte dei nostri insegnanti sia di sesso maschile, normalmente ultracinquantenne, cisgender e nel loro insegnamento percepiamo quanto abbiano visioni diverse dalle nostre e come ancora siano portati a fare commenti fuori luogo sulle donne (commenti che risultano anacronistici anche per i nostri compagni maschi).

Quello che ci sembra di vedere è che piano piano si stia costruendo maggior solidarietà e alleanza tra i maschi e le femmine della nostra generazione (rispetto ad un certo antagonismo che invece percepiamo tra uomini e donne di età più adulta), anche se gli episodi di aggressività (anche sui social) sono ancora molto presenti. 

D: Che rapporto avete con i social?

R: Di questi temi si parla molto anche sui social, che in qualche modo rendono tutto più "mainsteam" e ci si riesce a collegare meglio. Noi giovani abbiamo una visione più globalizzata, anche se c'è in rete una parte tossica che riempie di insulti ed aggressività le conversazioni tenute online, con commenti spesso fuori luogo.

D: E rispetto ai temi caldi relativi alle libertà e alla ancora lontana parità di genere, cosa vi sentite di dirci?

R: Notiamo che le giovani stanno cominciando ad avere finalmente una visione diversa della propria crescita ed evoluzione come persone. Se i nostri genitori parlano spesso di "sistemarci" intendendo che dobbiamo trovare l'"uomo della nostra vita" e fare famiglia, sempre più ragazze pensano invece alla costruzione di una propria indipendenza e poi a cercare una relazione con un altro soggetto, che a quel punto diviene un di più o non una esigenza per autoaffermarsi e realizzarsi.

E anche nella divisione dei compiti di cura tra giovani si sta riducendo la diseguaglianza: i maschi sono sempre più coinvolti nelle faccende di casa ad esempio, si cucina assieme e si dividono i compiti con naturalezza.

Non è però tutto rose e fiori anche tra i giovani. Ci capita di andare a parlare nelle scuole superiori e rileviamo che molti maschi inseguono ancora il modello di virilità tradizionale, del "super uomo" e sentiamo parlare ancora di possesso, di gelosia tossica perciò c'è ancora molto da lavorare su questi temi.

Per quanto riguarda poi la partecipazione politica, rileviamo che molte di noi sarebbero interessate ma fanno fatica a buttarsi perché percepiamo un forte giudizio che non è rivolto tanto ai contenuti quanto all'aspetto fisico, alla vita privata e quindi facciamo fatica ad occupare uno spazio pubblico.

D: Venendo invece ad altre questioni di tipo più "intersezionale", potreste farci un esempio per capire meglio?

R: Se pensiamo ad esempio alle persone con disabilità, e mettendoci in ascolto di queste persone, abbiamo capito come ci sia ancora poca inclusività nelle città. Sappiamo che in un tuo blog - Mara - hai parlato di architettura di genere - e ne è emerso come le città non siano costruite per le  donne, ecco... per le persone con disabilità questo senso di esclusione è paragonabile se non addirittura superiore, non solo da un punto di vista delle barriere architettoniche, ma anche rispetto all'assenza di spazi che tengano in considerazione - per fare un esempio - che esistono persone non "neurotipiche", che fanno fatica a prendere parte alla vita delle città e agli eventi che le contraddistinguono.

Ma per queste persone vi è anche un problema di "esclusione" e discriminazione a partire dal linguaggio che viene usato nel parlare comune... pensiamo a quante volte per insultare qualcuno gli diamo del "ritardato" o del "down". 

Per richiamare l'attenzione su questo argomento, ad esempio, Marina Cuollo - affetta da una sindrome genetica molto rara - ha scritto un libro dal titolo "A disabilandia si tromba", nel quale racconta situazioni, comportamenti, battute delle persone normodotate che si rivolgono alle persone disabili per strada, al lavoro o al ristorante.


Dulcis in fundo.... riprendo la parola, anzi la tastiera, per osservare che da questo bell'incontro mi sono portata via che ancora c'è molto da fare, che i giovani però sembrano essere più consapevoli e che guardano alle nostre generazioni come a qualcosa da superare... speriamo che questo porti davvero ad un mondo migliore! 

Peace&love :)


PS: se volete conoscerle, potete seguirle sulla loro pagina Instagram o Facebook #ilcircolodiaspasia o sul sito https://ilcircolodiaspasia.wordpress.com




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