Radiografia di una madre qualunque

12.05.2024

Se c'è una cosa che mi è chiara dal giorno in cui sono diventata

mamma, è che per quanto mi sforzi di credere che sono io 

a condurre il gioco, la partita difficilmente rimane in mano

mia per più di due giri. Non ho ancora capito se c'è 

qualcuno che sta barando o se le carte sono

truccate: sta di fatto che, come il più consumato

dei giocatori d'azzardo, rimango incollata al

tavolo da gioco e mi nutro della dopamina

che solo la relazione con mia figlia mi sa dare,

sperando che ogni tanto mi lasci vincere 

una mano, anche solo per simpatia.

Cosa ho capito fin qui

Quando tutto è cominciato avevo una gran paura, ma mi ricordo che pensavo: "se ci riescono le altre, non vedo perché non dovrei riuscirci anche io..." - che poi è la logica che applico sempre di fronte ad un'esperienza che mi spaventa e così facendo, mi sembra di darmi coraggio.

Poi con il tempo mi sono accorta che effettivamente, una parte della mia identità era naturalmente a suo agio nel ruolo di madre.

Quello però che non avrei mai immaginato è quanto imparo da lei (mia figlia) cose di me che non avrei mai visto altrimenti.

Ho sempre pensato che la cosa importante fosse innanzitutto darle il buon esempio e il resto poi si fa da sè... e su questo ho lavorato molto, mi ci sono proprio dedicata, ho analizzato - anzi oserei dire radiografato - ogni mio comportamento, ogni mia reazione, ogni mia mossa, passandoli al vaglio del giudice più severo che conosco (dopo mia madre), ovvero me stessa.

E intanto gli anni sono passati, le gioie e le preoccupazioni sono cresciute assieme a lei, sono parte del nostro cammino, come accade per tutti.

"Figli piccoli, problemi piccoli. Figli grandi, problemi grandi" - dice la scienza popolare e chissà poi se è vero....

Io oggi ho però capito una cosa: se è vero che i figli assorbono quel che facciamo, più di quel che diciamo, è altrettanto vero che hanno bisogno di esempi veri, reali, raggiungibili, fallaci.

Ho capito che conta di più far vedere a mia figlia che sono anche fragile, senza che questo le tolga la possibilità di sentirsi sicura tra le mie braccia.

Ho capito che quando ammetto di non riuscire a sostenere una cosa, le sto dando la possibilità di accettare, anche in riferimento a se stessa, di non essere persone perfette e infallibili, che poi la vita non va sempre come vorremmo noi e il detto "se vuoi, puoi" è un grande bluff. Questo non vuol dire che la determinazione e la forza di volontà siano sopravvalutate, ma va detto che sono solo una parte della storia... 

Ho capito che rimanere un passo indietro, invece che starle davanti, ha significato permetterle di coltivare la fiducia in se stessa e nelle proprie capacità, sapendo che se poi cade non è la fine del mondo e che la mano è sempre lì pronta ad accogliere la sua per aiutarla a rialzarsi.

Ho capito che va bene manifestare la mia rabbia, perché le fa capire che si può essere arrabbiati e stare dentro le relazioni in modo sano gestendo i conflitti, avendo così la grandissima occasione di comprendere cosa ci piace e cosa ci fa stare male, in modo da aver chiaro quando - eventualmente - è arrivato il momento di andarsene se la relazione ha travalicato i confini che ci siamo dati. 

Di doman non v'è certezza...

Ho attraversato fin qui solo l'infanzia e l'adolescenza, non ho idea di cosa mi aspetti come madre nelle prossime fasi della vita, ma so che il tavolo da gioco non lo abbandono di certo.

Ogni volta che il mazzo viene rimescolato, un brivido caldo mi corre lungo la schiena; mi sembra di ritornare nella categoria "dilettanti", è come se tutti i trucchi delle partite precedenti siano dimenticati o comunque non funzionino più... e mi sembra tanto una sorta di legge del "contrappasso", perché alla fine pensiamo di essere noi ad insegnare ai nostri figli a vivere ed invece si può crescere in un solo modo: INSIEME.

Quindi ho deciso di buttare via il pesante macchinario che usavo per farmi le radiografie e crescere con lei, così come viene, mettendoci il meglio, INSIEME. 

 


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