Mia madre, io, mia figlia...
Ci sono cose che non ci diciamo mai.
Mia madre, io, mia figlia....
Tre generazioni di donne che si amano e che a volte si perdono nei silenzi, che parlano senza parole, che dicono e non dicono. Forse anche questa è una lingua: un lessico fatto di pause, sguardi e sospiri.
E anche se non ce lo diciamo, so che quei silenzi sono un modo per dirsi "ti voglio bene" senza ammettere la fragilità di farlo davvero.
E quando abbiamo il coraggio di rompere quel silenzio, di lasciar parlare le emozioni, quando il "ti voglio bene" esce dalle nostre labbra con tutta la dolcezza di cui siamo fatte, allora esplode la gioia!
Ci sono cose che non ci diciamo mai.
Mia madre non mi ha mai detto che le sarebbe piaciuto permettersi di essere fragile. Lei che ha sempre portato sulle spalle il mondo, che non ha mai chiesto aiuto nemmeno quando le sue mani tremavano piegando le lenzuola, testimoni mute di notti funeste.
Le sue fragilità erano nascoste nei gesti ripetuti, nelle parole non dette, nel lavoro quotidiano e nell'atteggiamento un pò severo dentro cui si è blindata per tutta la vita.
Le sue paure si intravvedevano di rado e a fatica, in trasparenza, oltre il fumo delle tante sigarette che fumava, sulle unghie rosicchiate delle mani callose e consumate dal lavoro pesante ed usurante, quello stesso lavoro che ci ha permesso di vivere una vita comunque decorosa, che ci ha fatto diventare grandi assieme, alleate e indipendenti da tutto e da tutti.
Poi ci sono io.
A volte mi sembra di aver ereditato quel pudore nel mostrarmi vulnerabile. Non ho mai detto a mia madre quanto avrei avuto bisogno che quella sua fragilità me la raccontasse, perché così avrei fatto meno fatica ad accettare la mia; non le dico che a volte mi affatica essere forte, che vorrei piangere senza motivo o che la sua voce al telefono mi infastidisce e mi conforta allo stesso tempo. Non le dico che ancora oggi, a cinquant'anni, quando succede qualcosa di importante, la prima persona che vorrei chiamare è lei, perché so che i miei successi (assieme a quelli di mia sorella e delle nostre figlie) sono il motivo più grande di felicità per lei, sono la ragione della sua stessa vita.
E poi c'è mia figlia.
Lei non mi dice che ha paura di non farcela. Paura di non essere abbastanza brava, abbastanza coraggiosa, abbastanza "qualcosa". Ma lo vedo nei suoi occhi quando la fisso troppo a lungo: quel misto di fastidio e bisogno di essere rassicurata, mentre mi chiede "cosa c'è?, perché mi guardi?...
Lo percepisco quando si chiude in camera e mettendosi le cuffie mi manda questo messaggio sottointeso: "Lasciami stare, ma resta qui".
Lei non mi dice che a volte si sente piccola di fronte al mondo, e io non le dico che anch'io mi sento così, ogni tanto.
Oggi però scrivo qui una cosa per entrambe: Sono una donna molto fortunata, perché ho una madre che con il suo infinito amore, mi ha dato la forza di credere in me stessa e una figlia che mi stimola a cercare di crescere e diventare grande insieme a lei, un giorno alla volta....