Il mio incontro con le cosiddette "malattie invisibili" femminili

03.03.2024

Le malattie come l'adenomiosi, l'endometriosi e la vulvodinia sono spesso definite "invisibili", non perché siano impossibili da vedere, ma perché risultano molto difficili da diagnosticare, dato il gran numero di sintomi che manifestano.

Se ne sente parlare sempre di più, si sta alzando l'attenzione e ci sono comitati e associazioni che stanno portando avanti una vera e propria battaglia per far riconoscere queste malattie come "invalidanti" e per far sì che sia garantito a tutte il diritto alla cura. 

Per me che mi interesso di questioni di genere, questo tema era di sicura attenzione, ma mai avrei pensato mi toccasse così da vicino... e come spesso accade, se un problema diventa un TUO problema, ti rendi conto che non puoi stare con le mani in mano e se sei fortunata e puoi fare qualcosa, è giusto che tu lo faccia!

Cominciamo dalle resistenze culturali...

Stiamo parlando di malattie che interessano l'apparato sessuale femminile nelle sue diverse parti (dall'utero ai genitali interni ed esterni); nella maggior parte dei casi presentano sintomi collegati ad infiammazioni cicliche e/o croniche, dolori mestruali e mestruazioni che possono essere invalidanti e dolorose.

Partiamo dalla consapevolezza che molte donne in Italia e nel mondo soffrono di queste patologie; l'AIV (associazione italiana vulvodinia) ci dice ad esempio che il 12-15% delle donne incontra la vulvodinia nella propria vita.

Il riconoscimento di queste patologie è ostacolato non solo dalla mancanza di segni evidenti, ma anche da percezioni culturali radicate. Per lungo tempo, il dolore durante il ciclo mestruale è stato considerato normale, ma quando diventa debilitante, è importante riconoscerlo come sintomo di una malattia anziché come una condizione normale.

La diagnosi è fondamentale

Queste patologie possono rimanere non diagnosticate e non curate per anni. Il ritardo nella diagnosi rimane un grosso problema e si attesta in media intorno ai 10 anni, con conseguenze sulla qualità di vita delle donne che possono essere estremamente negative, influenzando non solo la loro salute fisica ma anche le loro relazioni sociali.

Non per tutte queste malattie c'è già una cura o si sono già chiarite le cause, ma è proprio nella formazione della classe medica e nella ricerca scientifica che si possono fare passi avanti per trovare nuove cure.

Parola d'ordine: sensibilizzazione

Negli ultimi anni, è sempre più diffusa un'attività di sensibilizzazione su queste patologie anche attraverso i social media, con l'obiettivo di diffondere conoscenza scientifica e informazioni. 

Questo ha contribuito a informare meglio le pazienti e a renderle più tranquille. 

Tutto parte dalla consapevolezza

Senza entrare nel merito di questioni personali, che come tali sono solo la mia esperienza individuale, ritengo che sia importante fare la mia parte.

Aver finalmente incontrato un medico che mi ha diagnosticato esattamente qual era il mio problema, mi ha fatto vivere la sensazione davvero appagante e rassicurante di dare finalmente un senso ad una serie di situazioni, sintomi, carenze che si sono quasi magicamente incastrate come in un puzzle che finalmente arriva a compimento.

Non posso però non essere consapevole della mia fortuna: ho potuto andare da un medico molto preparato ed esperto che non è di Trento, fissando un appuntamento a distanza di tre giorni, pagando "profumatamente" la visita al di fuori del sistema sanitario nazionale.

Quel medico non mi ha dato la definitiva soluzione alla mia patologia, ma mi ha finalmente detto cosa ho e lo ha fatto con gli stessi strumenti ed esami a cui mi ero già sottoposta negli ultimi sei mesi, senza che chi mi aveva visitata prima avesse minimamente inquadrato la situazione.

Mi sono chiesta cosa sia giusto fare e poiché sono una donna che vede il mondo come un luogo fatto di persone che sono un elemento indiscutibilmente "plurale", ho deciso di fare due cose: scrivere questo blog, con la speranza che possa essere di aiuto a qualcuna lì fuori, e mandare una mail alle dottoresse (peraltro disponibili e attente) che mi hanno visitata e non hanno visto... ma non con la supponenza della paziente insoddisfatta, ma con la speranza che questa informazione serva loro per aumentare le proprie consapevolezze e aiutare magari una ragazza o una donna che arriverà dopo di me

PS: vi consiglio di approfondire l'argomento visitando i siti e le pagine social delle associazioni e dei comitati che di queste tematiche si occupano con dedizione e competenza.



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