In viaggio, sola

25.08.2022

Nel mese di luglio ho deciso di fare il mio primo viaggio da sola, e così ho prenotato il mio treno, ho messo in una borsa qualche vestito, matite, colori e pennelli, un taccuino per i miei disegni, due libri, il pc e sono partita. Mentre chiudevo la cerniera della valigia sentivo chiaramente la resistenza che tutti gli interrogativi e le paure mi opponevano, ma la forza della mia grandissima emozione e del mio entusiasmo ha avuto la meglio e così mi sono ritrovata di colpo a più di 700 km da casa, all'estero, lontana dalla mia zona di confort, dalle facce conosciute, dagli affetti, da tutti i punti di riferimento che per un momento ho lasciato andare. 

Inutile dire che è stato uno dei regali più belli che mi sia mai fatta e che è stato solo il primo di una lunga serie. Sì, perché viaggiare soli è proprio tutta un'altra cosa...


I diversi perché racchiusi in un viaggio

Ogni viaggio è diverso ed è molto condizionato dai motivi che portano ad intraprenderlo: si può decidere di partire per staccare la spina, si può aver voglia di conoscere nuovi mondi e culture, si può volere partire per mettersi in contatto con se stessi... è chiaro che il motivo che ci spinge porta esiti diversi alla nostra esperienza.

Esplorare nuovi mondi

Molti di noi vanno a visitare posti esotici, lontani sia in termini di distanza fisica che culturale, incuriositi magari da racconti di altri o da letture romanzate o ancora attirati dalle mirabolanti immagini che riempiono i social, dove influencer più o meno improvvisati raccontano meraviglie.

In questi casi la grande opportunità che abbiamo - e che si amplifica se partiamo soli - è quella di fare veramente l'incontro con l'"altro", possiamo immergerci in un ambiente sconosciuto e fare l'esperienza di indossare un paio di occhi nuovi con cui vedere la realtà.

Credo però che per viaggiare davvero in questa dimensione, dobbiamo fare lo sforzo di lasciare all'aeroporto o alla stazione tutte le aspettative che ci siamo costruiti leggendo guide, romanzi, cartine, racconti... altrimenti il viaggio sarà un continuo rimpallo tra la realtà che stiamo vivendo e l'idea che ci siamo costruiti di popoli e luoghi prima di arrivare, o peggio, potremmo rischiare di non arrivare a conoscerla la realtà del posto - quella vera intendo!... - perché troppo intenti a cercare conferma di quello che ci aspettavamo di trovare, rimanendone magari delusi.

Viaggiare nell'altrove per fare un viaggio dentro di noi

Questo è il motivo che mi ha spinta a fare il mio breve viaggio. 

Si tratta ovviamente di un'esperienza totalmente individuale, ma che ho deciso di raccontare perché ha mosso in me diverse riflessioni che credo utile condividere.

Ho sperimentato che poter contare solo su me stessa, mi ha resa più sicura: ho fatto esperienza dei miei limiti e mi sono trovata a fare i conti con il fatto che nella mia educazione non era assolutamente contemplato che da donna potessi avere voglia di una "avventura" in solitaria. Quando mai nell'immaginario collettivo si pensa a donne avventuriere e non a uomini che partono per esperienze di questo tipo?! (ma questo argomento lo approfondirò magari in un prossimo articolo...).

Ho praticato ore lunghissime di silenzio e ho capito che si può fare tanto rumore anche a bocca chiusaLa mente tende ad andare dove vuole, a fissarsi su pensieri che a volte non vorresti ascoltare. Ma il valore in fondo non sta forse proprio qui? ... osservarmi senza giudicare e vedere dove pensieri ed emozioni mi portavano mi ha detto molto di me, più di quanto siano mai riuscite a fare le lunghe chiacchierate con amici e psicanalisti, perché quando rimani in ascolto vero, non te la puoi proprio raccontare, e se provi a farlo, sei consapevole anche di quello, non c'è via d'uscita!

Ho scoperto che l'unico momento in cui stacco davvero il cervello è quando disegno o dipingo; nel tempo in cui ho in mano la matita o il pennello, è come se mi ritrovassi catapultata all'interno di quello che sto creando: mi perdo nelle curve delle donne che disegno o nuoto nei colori con cui imbratto i fogli di carta grossa e rugosa, della quale riesco quasi a percepire le singole fibre che si rilassano sotto l'umidità degli acquerelli. 

Ho condiviso i miei pasti con persone di diverse nazionalità, delle quali ho conosciuto solo il nome di battesimo e (di qualcuno) l'età; nelle lingue che ci accomunavano e ci permettevano di comunicare, abbiamo condiviso pensieri sulla vita, sulla bellezza dell'arte, sulle sensazioni che il luogo in cui eravamo ci regalava, abbiamo parlato di quello che sta succedendo nel mondo, di posti belli da vedere e di esperienze fatte... insomma ho provato cosa significa condividere davvero se stessi, al di là di un nome, di un titolo, di una professione. E allora ho capito quante cose siamo e quanto nessuna di queste riesca a definirci per intero. 

In una notte davvero torrida non riuscivo a dormire per il caldo, ero nuda e ancora non bastava, se avessi potuto mi sarei tolta anche la pelle nel tentativo di trovare refrigerio, camminavo nella stanza e provavo a cercare conforto sul piccolo terrazzo, ma il caldo era se possibile peggiore... mi sono avvicinata allo specchio del lavandino e mi sono guardata dritta negli occhi provando una grandissima sensazione di libertà. Ero io, sola con la mia individualità, e nel viaggio verso casa ho portato la consapevolezza che il rapporto con me stessa e gli altri non sarà più quello di prima. Perché il viaggio, come osserva saggiamente Lucie Azema nel suo libro "Donne in viaggio", "non è una vita parallela, una vita in cui si parte e da cui si ritorna".  


 



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